GAY FANTASY URBAN: L’EREDE DELL’ELK

L’EREDE DELL’ELK: LIBRO GAY FANTASY URBAN
Jack è un ragazzo di diciannove anni, bello ma timido, che non ha mai conosciuto l’amore.
Un giorno sta tornando a casa da scuola, quando vede un’anomalia di fronte a lui: uno strano vortice luminoso, che lo attrae a sè, e lo catapulta in un luogo sconosciuto e solenne, una cattedrale sotterranea.
Qui scoprirà la sua duplice natura, e un mondo magico, di persone chiamate Elkers, che possono sfruttare l’energia dell’Elk, misteriosa forza che permea la Terra e può esprimersi in numerose forme.(GAY FANTASY URBAN)
In questo nuovo ambiente conoscerà Brandon, avvenente ragazzo di qualche anno più grande di lui, che lo aiuterà a scoprire le sue origini e soprattutto i suoi veri desideri.
Tra desideri inconfessabili, droghe magiche e triangoli bisessuali, Jack dovrà cercare di capire il suo posto in questo nuovo mondo, e trovare il modo di difendersi dalle tantissime minacce che incontrerà, prima fra tutte Selena, malvagia Elker pronta a tutto pur di rubargli il suo raro potere.

Jack stava tornando a casa da scuola, a piedi come sempre. Quel giorno stava piovendo, e non c’era molta gente in giro. Abitava in una zona residenziale, nel Wisconsin, molto tranquilla già di base.

Quasi cadde in una pozzanghera, e nel momento in cui mosse la gamba per ritrovare un equilibrio, potè osservare il suo viso.

Aveva diciotto anni, e una faccia abbastanza brufolosa, che però nascondeva una piccola bellezza.

I suoi tratti erano regolari e ben definiti, aveva un naso piuttosto grosso, ma quasi alla francese. Le sue sopracciglia erano esili, mentre le sue labbra piuttosto spesse.

Era bassino, circa un metro e sessantacinque, ma sperava che sarebbe cresciuto, col tempo.

Quel giorno indossava un giubbotto di pelle, e dei jeans strappati.

Osservò la strada di fronte a lui, e all’improvviso, vide qualcosa di totalmente inaspettato.

Due case più avanti, c’era una specie di punto luminoso. Sembrava rifrangere la luce, creando una minuscola area colorata.

Jack strabuzzò gli occhi, e se li stropicciò, ma il punto rimase lì.

C’erano un paio di persone a circa tre metri dal fenomeno, ma non sembravano notare nulla.

Incuriosito, Jack si diresse in quella direzione.

Una volta arrivato a un metro dal punto, rimase a bocca aperta.

Era come se stesse vedendo una quarta, una quinta e forse una sesta dimensione. Era un caleidoscopio di colori, una specie di coagulo di luce, che si rifrangeva su se stesso.

Jack intravide cose che mai sarebbe riuscito a spiegare a parole, nè a capire.

Era come ipnotizzato. Senza accorgersene, si avvicinò sempre di più, e tese la mano.

Fu risucchiato, e sparì nel vortice.

Jack si ritrovò in una stanza enorme, rettangolare, e con piloni alti almeno quattro metri, disposti a coppie, a sorreggere la gigantesca volta di pietra.

Di primo acchito, gli ricordò un enorme chiesa. Al centro, vicino a dove si trovava lui, c’era un punto luminoso molto più ampio di quello che lo aveva portato lì. Vorticava avanti e indietro, e in tutte le direzioni possibili, ed era così fulgido che Jack dovette distogliere lo sguardo.

<< Ma dove cazzo sono finito? >> esclamò poi, totalmente confuso, e in preda a un panico crescente.

Vide movimento, in fondo, ed ebbe paura.

Rimase fermo, scappare non aveva senso.

Un uomo si stava avvicinando a lui, piuttosto vecchio, e con vestiti neri, in contrasto con un piccolo cappello bianco.

<< Chi sei? Come hai fatto ad arrivare qui? >> gli chiese quello, quando era a circa quattro metri di distanza.

Il suo tono era molto minaccioso, quindi Jack alzò le braccia, in segno di arrendevolezza.

<< Non ne ho idea! Ero in strada, e un attimo dopo ero qui>>

L’uomo parve stupito.

<< Non dire cavolate, come hai fatto a superare le guardie? >> esclamò poi, quando gli fu vicino.

Jack alzò le spalle, e disse di nuovo che non sapeva come era arrivato lì. (gay fantasy urban)

L’uomo parve tranquillizzato dal suo atteggiamento, e addolcì un pò i toni.

<< Seguimi, se ne occuperà il Paor, non è compito mio punire gli allievi indisciplinati >>

<< Non so di cosa sta parlando >> cercò di spiegare lui, ma l’altro gli indicava di andare indietro, così lui si girò, e lo seguì.

Alla fine della stanza, c’era una scala a chiocciola.

L’uomo cominciò a salirla, e Jack lo seguì. Era scarsamente illuminata, quindi doveva guardare a terra per non inciampare.

Dopo una salita che gli sembrò interminabile, sbucarono in un nuovo ambiente, molto grande, e che probabilmente era a livello del suolo.

Ai lati della scala stavano due guardie, vestite di nero e con uno spadone ai lati del loro corpo. Erano immobili, ma appena videro che insieme all’uomo c’era qualcun altro, apparirono sorprese.

<<Come avete fatto a far passare uno studente?>> esclamò quello, arrabbiato.

<<Da qui non è passato nessuno, come sempre! >> si difese una delle due guardie, ma l’uomo non gli diede ascolto, e continuò a camminare.

Jack avrebbe voluto fare mille domande, ma mentre camminava era rapito dal luogo in cui si trovava.

Era una stanza immensa, alta almeno una decina di metri, con delle volte in vetro e metallo. Intravedeva decine di porte, sia a destra che a sinistra, e magnificenti statue in vetro, poste in alto su piedistalli dorati.

C’era qualche altra persona, sparsa nella stanza, ma non diedero segno di notarli.

L’uomo lo condusse in fondo, e poi gli indicò una porta.

Si fece avanti, e bussò. (gay fantasy urban)

Attesero qualche istante, finchè una voce maschile non disse “Avanti”.

L’uomo spalancò la porta, e lo spinse dentro.

Si ritrovarono in un ambiente completamente fatto di metallo e vetro, dall’apparenza super tecnologica. Delle fiaccole di acciaio illuminavano l’ambiente, sospese ai lati, e attaccate al muro. La stanza era strapiena di libri, disposti in diverse librerie scintillanti.

Quasi al centro della stanza c’era una scrivania, ed un uomo seduto ad essa.

<< Cosa c’è, Petroneus? >> gli chiese, senza alzarsi dalla sedia.

L’uomo parve intimorito da quella figura. Jackk lo osservò meglio, e anche da seduto capì che doveva essere piuttosto alto. Era un uomo sui trentacinque anni, con una folta barba castana, occhi azzurri ed un naso imponente. Nell’impatto iniziale, gli ricordò uno dei suoi attori preferiti, Bradley Cooper, ed era vestito in modo piuttosto elegante, con giacca e camicia blu scuro.

<<Ho trovato questo ragazzo nella sala del Vortice. Dice di non sapere come ci sia arrivato, ma ovviamente è una bugia >>

In quel momento il viso dell’uomo parve illuminarsi di interesse.

Osservò il ragazzo senza dire una parola, poi si voltò verso Petroneus.

<<Puoi andare, mi occupo io della situazione>> gli disse, alzandosi in piedi.

Quello non rispose, ma annuì, abbassando un pò la testa, e si diresse fuori dall’aula.

<<Allora…>>esclamò, avvicinandosi al ragazzo, che non osava muoversi <<Cosa ci facevi nella sala del Vortice?>>

Da vicino, Jack potè vedere che l’uomo era alto, ed imponente. Ma nel suo volto c’era qualcosa di profondamente giusto, che lo rassicurò un pò.

<<Per favore, mi aiuti>> esclamò il ragazzo. Ormai aveva capito che la situazione era troppo strana per venirne fuori da solo, e aveva bisogno di risposte <<Stavo camminando per strada, e ho visto un punto luminoso. Sono andato verso di esso, e sono stato risucchiato qui. Non so altro, davvero. Dove siamo?>>

Si accorse di aver avuto un tono molto nervoso.

L’uomo continuava a fissarlo, come per valutarlo.

<<Se quello che dici è vero, sei più speciale di quello che sembri >> commentò poi quello <<Io mi chiamo Tormund, e sono uno di quelli che comanda, qui. Non al gradino più alto, ma abbastanza in alto da occuparmi di te>>

A quel punto Jack era terrorizzato. Cosa diavolo voleva fargli quell’uomo?

<<Cosa vuole farmi? Mi spiega dove siamo?>>

Tormund scoppiò a ridere.

<<Tranquillo, sei al sicuro qui, per occuparmi di te intendevo semplicemente capire bene la situazione. Non preoccuparti>>

Jack tirò un sospiro di sollievo. A quanto pare, non era in imminente pericolo.

<<Ti trovi nella scuola di El Orion, se inizio a spiegarti dove finisco domattina. Qual’è il tuo nome?>>

Jack prese coraggio, e tese timidamente la mano mentre parlava.

<< Mi chiamo Jack. Jack Passner>>

Tormund gli sorrise, e tese la mano per stringere quella del ragazzo.

<< Jack, stai per scoprire qualcosa che non avresti mai immaginato fosse possibile. Ma prima di tutto, devi fare una cosa>>

Tormund andò dietro la scrivania, estrasse una chiave dall’armadietto, ed aprì una delle ante. Ne estrasse una pietra oblunga, che alla vista sembrava ossidiana.

<< Prendila in mano>> gli disse Tormund, e palesemente non era una richiesta.

Jack non potè far altro che eseguire. Si avvicinò all’uomo, e prese dalla sua mano la pietra.

Improvvisamente sentì una sensazione di strana, come un conato di vomito, e qualcosa che risaliva. Ma la sua gola era sgombra.

Un calore parve emanare dalla pietra, e all’improvviso una luce parve sprigionarsi dalla pietra, per poi però sparire subito dopo, lasciando la pietra di nuovo nera.

Tormund parve esterrefatto da ciò che aveva visto.

<<Un test non conclusivo>> commentò poi, col tono di qualcuno che stava leggendo le analisi del sangue << Questa si che è bella! >>

Jack era più confuso che mai.

<<Può spiegarmi, per favore?>> gli chiese con tono quasi supplichevole.

Tormund gli sorrise.

<<Vedi, Jack, in questa scuola ci occupiamo di abilità particolari…e questa pietra mi rivela qual’è la specialità di ogni allievo. Ma non di te>>

Rimase in silenzio qualche istante.

<<Ora devo pensare, in ogni caso tu resti qui, per adesso. Chiamerò un attendente che ti aiuti a sistemarti>>

Jack questa volta protestò vivacemente.

<<Ma come ! Devo tornare a casa, la mia famiglia si starà preoccupando!>>

Tormund fece uno sguardo compassionevole, ma fermo.

<<Mi occuperò io di questo>> promise al ragazzo <<Ma finchè non risolveremo la questione, resterai qui>>

Ad Jack pareva anche inutile protestare, ormai. In quel posto, non poteva decidere nulla.

<<Aspetta qui un attimo> esclamò Tormund, lasciandolo solo nella stanza, ed uscendo dalla porta.

Jack avrebbe voluto riflettere, ma si accorse che gli era impossibile.

Troppe cose strane tutte in una volta, e la cosa più strana era come fosse più curioso che spaventato.

Dopo un paio di minuti, la porta si aprì, ed entrò Tormund con un ragazzo di circa venticinque anni.

Era alto uno e ottantacinque circa, e aveva un fisico da sportivo. Da sotto la maglietta nera si intravedeva un fisico possente e scolpito, e le gambe sembravano pronte a fare a brandelli i suoi pantaloni.

Jack guardò il suo viso, e fu come rimanere folgorati.

Aveva gelidi occhi azzurri, una barbetta rada, e una mascella ferrea.

Le sue sopracciglia erano folte, nere ed oblique, e davano una cornice d’impatto all’esplosione cerulea degli occhi. I capelli erano nerissimi, increspati in una cresta gelificata. (gay fantasy urban)

<<Lui è Brandon>> fece Tormund <<Si occuperà di te per il momento>> poi guardò quest’ultimo, e gli diede un’occhiata di avvertimento <<Se gli succede qualcosa, ti riterrò responsabile. Hai capito?>>

<<Assolutamente si, Khalvir>> esclamò Brandon, facendo una specie di riverenza.

<<Ora andate>> esclamò Tormund <<Ti farò chiamare io, Jack, nel frattempo tieniti fuori dai guai.>>

Jack seguì Brandon fuori dalla porta, confuso come non mai. Avrebbe dovuto pensare a tutte le domande da fare al ragazzo, ma l’unica cosa su cui si stava soffermando il suo sguardo, era il perfetto fisico del giovane, e il suo sedere prominente mentre camminava.

Non aveva idea di cosa sarebbe capitato, ma di sicuro era la giornata più fuori di testa della sua vita.

Jack seguì Brandon in una delle porte, e poi lungo un corridoio.

Tutto l’ambiente era metallico, freddo, e silenzioso. C’erano tantissime porte, ai lati del corridoio, ognuna con un maniglione in vetro, con lo spazio per inserire una tessera.

Il ragazzo si fermò davanti alla terzultima porta, ed inserì la chiave magnetica.

La porta si spalancò, e Jack lo seguì all’interno.

Il ragazzo spalancò la bocca dallo stupore. Erano in un ambiente non molto grande, ma fighissimo. C’era un letto a castello per due, una scrivania in metallo impreziosita da ghirighori, e lampade dorate appese al muro, a coppie di due. Quasi tutte emanavano una luce bianca, tranne una coppia che stava a livello del pavimento, che diffondeva una lieve luce verdastra.

Alle pareti c’erano dei quadri bizzarri, delle incisioni colorate su pietra nerissima, e le sedie sembravano modernissime. Vide anche un’altra porta, nella camera, che presumibilmente portava al bagno.

<< Dividerai la stanza con me, per il tempo che resterai qui>> esclamò il ragazzo. Jack aveva quasi paura a guardarlo negli occhi, gli sembrava molto intimidatorio. Aveva un tono che non era maleducato, ma leggermente aggressivo, e quasi noncurante.

<<Io sono Jack>> esclamò il ragazzo, tendendogli la mano, e sorridendo, per cercare di farselo amico. Dopotutto, era l’unico che potesse dargli risposte, in quel momento.

<<Io mi chiamo Brandon >> rispose l’altro, stringendogli la mano. La sua stretta era netta, ma gentile al tempo stesso.

Poi accadde.

Fu come una scarica elettrica, e come un fuoco. E come un minuscolo orgasmo, così rapido e fugace che ti dava il dubbio di esserci mai stato.

Jack vide le folte sopracciglia di Brandon contrarsi, facendogli capire che anche lui l’aveva sentito. Quest’ultimo si staccò bruscamente.

<< Cazzo, dai le scosse elettriche? Hai toccato una macchina o è il tuo potere?>> esclamò quest’ultimo, con un tono un pò indispettito.

Jack a quel punto si sentiva crollare, e il suo tono divenne supplichevole.

<< Ascolta, per favore, mi devi aiutare. Sono finito in questo posto e non so che sta succedendo, per favore, spiegami!>>

Brandon fece un’espressione sorpresa, poi un sorrisetto beffardo, probabilmente assaporando il potere che aveva su di lui. Poi però, la sua espressione si addolcì.

<<Allora, per prima cosa sei in una scuola. Questo l’avevi capito, spero>>

Jack sorrise.

<<Si, fin qui c’ero arrivato, non sono un beota>>

Brandon fece una faccia strana. (gay fantasy urban)

<<Già il fatto che usi questa parola mi dice che sei un secchione>> commentò quasi schifato << Proprio a me dovevi capitare? Comunque questa è una scuola particolare>>

Jack lo fissò, spronandolo a continuare.

<<Qui si studia l’elk, e si impara a connettersi ad esso, e ad usarlo, ognuno con la propria predisposizione>>

Jack strabuzzò gli occhi.

<<Scusa, ma cosa diavolo è l’elk?>> chiese a bassa voce, perplesso.

Brandon sbuffò, e poi parlò come se si stesse rivolgendo a un bambino.

<<Devo spiegarti proprio tutto. L’elk è una forma di energia, invisibile a occhio nudo, per tutti tranne che per gli Elker>>

Brandon vide un altro sguardo interrogativo da Jack, quindi proseguì.

<<Gli Elker siamo noi, possiamo usare quest’energia, in modi diversi. Io sono un Fotomante, posso manipolare la luce.>>

Jack fece un’espressione delusa.

<<Mi sa che è troppo articolato per essere uno scherzo, giusto?>> ammise poi, guardando verso il basso.

<<Bè, se non avevi mai sentito nulla del genere, è un bel pò da processare>> esclamò Brandon, con tono stranamente comprensivo <<Il Khalvir mi ha detto che sei sbucato dal nulla davanti al Vortice, è vero? E’ per questo che non sai nulla? Sei stato adottato da gente comune?>> 

Jack fece una faccia stranita, e si mise le mani sul bacino.

<<Assolutamente no!>> esclamò poi con forza <<I miei genitori sono biologici!>>

Brandon mise le mani avanti.

<<Ok, ok, come credi! Comunque è strano, noi Elker siamo pochi, divisi in famiglie. Tutti quelli che vengono qui sono stati preceduti dai loro genitori.>>

Jack scosse la testa.

<<Bè, non credo che i miei sappiano qualcosa di tutto questo…Comunque sono sparito all’improvviso, sicuramente saranno preoccupatissimi…devo trovare il modo di avvisarli! Senza contare che questa sera dovevo trovarmi con Elettra >> 

Brandon scosse la testa.

<<Qui non prendono i telefoni…ma tranquillo, credo che di questo si occuperà il Khalvir. E poi chi sarebbe Elettra? La tua ragazza?>>

Dicendo questo Brandon contrasse lievemente le labbra, e mosse le sopracciglia.

Era interesse o incredulità? Jack non lo sapeva.

<<No, no, è la mia migliore amica>> si affrettò a dire lui, quasi a giustificarsi.

<<Ok>> replicò Brandon, questa volta senza nessuna espressione <<Comunque ora devo fare una doccia, poi usciremo e ti farò vedere qualcosa, visto che sono il tuo baby sitter>>

<<Dai, non esagerare!>> esclamò Jack, imbarazzato.

Quello non gli rispose, ma andò verso il suo armadio, e preparò gli abiti da indossare dopo la doccia. Poi cominciò a svestirsi, togliendosi le scarpe.

Jack era improvvisamente imbarazzato. Si sarebbe spogliato lì, davanti a lui?

Brandon si fece scivolare i jeans di dosso, e rimase in mutande. Jack non potè non indugiare, cercando di non farsi scoprire, sulle sue gambe muscolose, e ricoperte di peli. I suoi piedi, avvolti da fantasmini neri, sembravano piuttosto grandi, sicuro più dei suoi. In quel momento Brandon era di lato, e il ragazzo guardava così bene che quasi riusciva a percepire lo spessore e l’ingombro che c’era nelle sue mutande, sia posteriormente che anteriormente.

In quel momento Brandon si voltò nella sua direzione, e intercettò uno sguardo.

La sua espressione non cambiò affatto, ma aveva notato che Jack lo stava fissando.

Mentre quest’ultimo diventava rosso, Brandon continuò a spogliarsi come se nulla fosse. Si sfilò rapidamente la maglietta, e mise in mostra degli addominali che avrebbero fatto invidia a chiunque. Si scorgeva una linea abbastanza netta a separare i muscoli, che erano pieni e forti; Jack avrebbe voluto andare a toccarli, ma sapeva che non era possibile.

Per ultima cosa Brandon si levò le mutande, senza nessun pudore.Brandon gli vide le chiappe rotonde, pelose il giusto, colline prominenti piacevolissime da guardare.

E poi il suo pene, e le palle.

Li scorse per appena qualche istante, perchè poi Brandon sparì nel bagno, ma fu sufficiente.

Il pene era a riposo, ma di tutto rispetto anche così. Era comunque spesso, e si appoggiava su palle pelose. Il tutto era normale per un ragazzo, in fondo Jack non aveva nulla di diverso,  ma gli diede una fitta nello stomaco, decisamente piacevole.

Quando fu rimasto solo, Jack si sorprese a mettere una mano nelle mutande, e ad accarezzare il suo pene. Salì sul letto più in alto, visto che evidentemente l’altro era di Brandon, e si stese.

Non aveva niente con cui coprirsi, cosi si tolse la giacca, e se la mise sopra.

Guardò verso la porta, e non vide movimento, e sentì anzi il rumore dell’acqua scrosciante venire dal bagno.

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